Se si fanno meno figli, aumenta i servizi all’infanzia. Può sembrare un paradosso, ma non è così. Secondo i dati raccolti dal Rapporto 2016 sui servizi educativi per la prima infanzia elaborato dall’Istituto degli Innocenti, che mette in relazione i dati toscani con quelli nazionali ed europei, la diffusione dei servizi educativi che accolgono i bambini nei primi anni di vita condiziona fortemente sia la scelta di fare un figlio che la possibilità per le donne di poter accedere al mercato del lavoro.

Le proiezioni demografiche indicano che entro il 2030 il numero di bambini sotto i 6 anni diminuirà del 7,6% in Europa. In termini assoluti ciò significa 2,5 milioni di bambini in meno nell’Unione Europea. Una tendenza che potrebbe essere contrastata da un aumento dei servizi per la prima infanzia, attualmente carenti in quasi tutti i Paesi europei.

Osservando nello specifico la situazione italiana, se intorno al 2010 abbiamo registrato un’utenza potenziale sia per lo 0-2 che per il 3-5 di circa 1.700.000 bambini, oggi siamo sotto 1,5 milioni per la popolazione 0-2 e intorno a 1,6 milioni per la popolazione 3-5; fra pochi anni la base di utenza potenziale potrebbe essere poco più di 1.450.000 per lo 0-2 e circa 1.580.000 per il 3-5.

A questo dato di per sé critico si accompagna quello relativo al tasso di fertilità che negli ultimi 5 anni è sceso dal bassissimo 1,46 all’ancor più basso 1,35. L’ulteriore calo è dovuto anche al fatto che la differenza tra le abitudini procreative delle donne straniere e quelle italiane si è andata fortemente assottigliando. Tradotto: anche le donne straniere in Italia fanno meno figli.

Analoga disarmante condizione si registra per il tasso di occupazione femminile, inchiodato al di sotto del 50% e senza alcuna variazione favorevole nell’ultimo decennio.

Risulta evidente che la diffusione di servizi educativi per la prima infanzia sia fortemente condizionante rispetto sia alla decisione di fare un figlio che alla possibilità di lavorare. Di qui la necessità di sviluppare un sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni, come recentemente ribadito dalla legge 107/2015 (la cosiddetta “Buona Scuola”).

A che punto siamo in Italia?

  • 314.741 bambini sono accolti in un nido (il 21% circa dei bambini 0-2)
  • 30.966 bambini frequentano un servizio integrativo (il 2%)
  • 79.720 bambini frequentano “anticipatamente” una scuola dell’infanzia (oltre il 5%)
  • 1.520.057 bambini da 3 a 6 anni sono accolti dalle scuole dell’infanzia (corrispondenti alla generalità della popolazione di 3-5 anni)

Detto altrimenti: tutti i bambini da 3 a 5 anni sono accolti, la gran parte dei bambini di 2 anni sono accolti, meno del 20% dei bambini di 1 anno sono accolti e meno del 10% dei bambini nel primo anno di vita sono accolti. In buona sostanza, c’è ancora molta strada da fare sul percorso della Buona Scuola.

Tra le regioni che fanno meglio della media nazionale del 28% per la fascia 0-2, Umbria (47,3%), Valle d’Aosta (43,1%), Emilia Romagna (38,8%) e Toscana (36,7%).

Crediti foto: Pixabay

Ultimo aggiornamento: 24/01/2019 - 17:43