La notte fra il 25 e il 26 aprile 1986 lo scoppio del reattore n. 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, 100 km a nord di Kiev, provocò il più grave incidente nucleare mai avvenuto in ambito civile.

Dopo il 1991 vennero riconosciute vittime del disastro 3,4 milioni di persone. Tra di loro 1,2 milioni di bambini. Erano i “bambini di Chernobyl” come li ricordiamo in Italia, il paese europeo che creò la più estesa rete di accoglienza (circa 500 mila bambini ad oggi) per offrire “soggiorni di risanamento” ai piccoli delle zone più colpite, in particolare la Bielorussia. Soggiorni che proseguono ancora oggi, seppure in maniera minore, perché a 30 anni dalla strage gli effetti sull'ambiente e sulla vita umana sono ancora lontani dall'essere un ricordo.

Si stima che ancora oggi l'area colpita dal disastro riguardi 150mila km quadrati tra Ucraina, Russia e Bielorussia, all'interno della quale vivono ancora circa 5 milioni di persone alle prese con alimenti contaminati, tra cui latte, carne bovina, prodotti forestali che continuano a superare i livelli di legge del cesio-137.

Inoltre una serie di analisi dimostrano che la situazione è ben più grave rispetto a quella fotografata nel 1991. Come spiegano diversi studi, fra cui “Health effects of the Chornobyl accident. A quarter of century aftermath” (2006) e il più recente rapporto di Greenpeace “Nuclear scars: the lasting legacies of Chernobyl and Fukushima” rilasciato a marzo 2016, nel ventennio compreso fra i 1991 e il 2010 la popolazione ucraina è diminuita di 6 milioni e 500mila unità, principalmente a causa dell'incremento delle morti infantili, soprattutto entro il primo anno di vita. Di pari passo nel Paese è diminuita anche l’aspettativa di vita: da 71 a 67 anni.

Sempre il rapporto di Greenpeace indica che l'incidenza dei tumori alla tiroide nei bambini che vivono in Ucraina, e che sono stati esposti alle radiazioni dopo il disastro di Chernobyl, è 9,7 volte più alta di quelli che non sono stati esposti. Stabilire un nesso causale tra eventi specifici e alti tassi di tumori è difficile. Le persone sono esposte continuamente anche a fonti naturali di radiazioni da cibo, aria e sole. Ma uno studio effettuato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha rilevato che il forte aumento nell'incidenza di tumori alla tiroide nei bambini che vivono nelle zone contaminate in Ucraina, Bielorussia e Russia "è dovuto agli alti livelli di iodio radioattivo rilasciato dal reattore di Chernobyl nei giorni seguenti al disastro."

A Kiev l’Istituto ucraino di Radiologia nucleare e l’Organizzazione mondiale della Sanità hanno organizzato nell'aprile di quest'anno un convegno sull’impatto delle radiazioni sulla salute umana dopo trent’anni dove scienziati da tutto il globo hanno presentato le loro ricerche. L’unica realtà italiana presente era Soleterre, organizzazione non governativa impegnata nell’oncologia pediatrica in molte zone del mondo.

L'organizzazione, da 12 anni presente nel paese, denuncia il problema dello scarso accesso ai farmaci antitumorali, una situazione che dal 2014, con lo scoppio delle ostilità nel Donbass, è precipitata ulteriormente. Le autorità sanitarie non sono riuscite ancora ad acquistare antidolorifici, analgesici e chemioterapici per il 2016 e siamo già a metà aprile. Il risultato è che le famiglie ricche riescono a procurarsi le cure per i piccoli al mercato nero, per i più poveri invece il destino è segnato. Se in Europa le percentuali di guarigione sono il 75-80 per cento dei casi, in Ucraina si scende al 55.5.

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Ultimo aggiornamento: 22/11/2018 - 16:35