L'apertura del seminario di presentazione ''La crisi nei percorsi adottivi in Italia''

L'apertura del seminario di presentazione ''La crisi nei percorsi adottivi in Italia''

Ha coinvolto 24 dei 29 Tribunali per i minorenni d’Italia, equamente distribuiti fra tutte le aree dello Stivale per un totale di 725 fascicoli studiati, analizzati e catalogati. E’ anche per questo che il vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali Vincenzo Starita, nel presentarla, ha detto senza mezzi termini che “la dimensione nazionale della ricerca rappresenta, ad oggi, un unicum nel panorama internazionale”. Ma “Le crisi nei percorsi adottivi in Italia”, la prima indagine conoscitiva nei Tribunali per i minorenni d’Italia, promossa dalla stessa CAI e realizzata con l’assistenza tecnica e scientifica dell’Istituto degli Innocenti, è molto di più. In primo luogo per la prospettiva scelta, dato che la ricerca è basata sull’analisi dei documenti degli stessi Tribunali per i minori relativi a crisi adottive. Poi per l’estensione dei soggetti coinvolti: perché la CAI e il Comitato Scientifico del progetto di ricerca, supportati e sostenuti dai ricercatori dell’Istituto, hanno avuto sicuramente un ruolo propulsivo, ma determinante è stata anche la volontà dei presidenti dei Tribunali che hanno aderito al progetto e il coinvolgimento dei giudici onorari, direttamente impegnati nell’individuazione e nello studio dei singoli fascicoli.

La metodologia: un modello per monitorare il fenomeno delle crisi adottive

Peculiare anche la metodologia adottata, potenzialmente in grado di aprire verso l’innovativa prospettiva di realizzare uno strumento capace di monitorare il fenomeno anche con cadenza annuale, in quanto basato sull’utilizzo di Sigma, il sistema informativo automatizzato della giustizia minorile. “Ciò ha permesso di raggiungere in tema di censimento dei casi un primo notevole risultato: la definizione di una statistica inedita e originale che sulla base dell’estrazione dei dati di pertinenza nei 29 Tribunali per i minorenni, potrebbe permettere, potenzialmente, di tenere aggiornata a cadenza annuale la numerosità delle crisi adottive, offrendo inoltre la possibilità di calcolo dell’incidenza del fenomeno” ha spiegato Enrico Moretti, statistico dell’Istituto degli Innocenti, ieri mattina nella sala Brunelleschi della sede di piazza Santissima Annunziata, in occasione della presentazione pubblica del rapporto di ricerca.

La presentazione

Da qui anche l’attenzione ricevuta dalla presentazione dell’indagine, con la sala Brunelleschi gremita di studiosi e addetti ai lavori e alcuni dei principali esperti della materia che si sono alternati al tavolo dei relatori. I lavori, infatti, sono stati aperti dalla presidente dell’Istituto degli Innocenti Maria Grazia Giuffrida, dal vicepresidente della CAI Vincenzo Starita e dalla responsabile legale della segreteria della conferenza dell’Aja Laura Martinez Mora. Quindi gli interventi di Laura Laera (CAI), Luca Villa (Presidente del Tribunale per i minorenni di Genova), Raffaella Pregliasco, Enrico Moretti e Giorgio Macario (Istituto degli Innocenti), Jesus Palacios (Università di Siviglia), Leonardo Luzzatto (Asl Roma 2), Monya Ferritti (presidente coordinamento Care), Chiara Avataneo (ente autorizzato del servizio regionale per le adozioni internazionali della Regione Piemonte), Carla Luisa Miscioscia (Ciai Onlus) e Paola Popolla (giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Roma).

La definizione di crisi adottiva

Per raggiungere l’obbiettivo è stato fondamentale, in primo luogo, circoscrivere il campo d’analisi dando una definizione di crisi adottiva che fosse, al tempo stesso, corretta dal punto di vista analitico e compatibile con gli atti di competenza dei Tribunali per i minori. “I casi da indagare sono stati individuati nei soggetti di minore età adottati, con provvedimento di adozione internazionale o nazionale, nei confronti dei cui genitori adottivi, successivamente, nel quinquennio 2014-2018, siano stati emanati provvedimenti di decadenza dall’esercizio della responsabilità genitoriale, oppure provvedimenti di allontanamento del minore dall’ambiente familiare o ancora altri provvedimenti a tutela del minore o a sostegno della sua famiglia” ha spiegato la ricercatrice dell’Istituto Raffaella Pregliasco. Una definizione chiara, successivamente articolata in tre diversi profili di gravità della crisi adottiva: l’ipotesi di massima gravità (alta) riguarda i soggetti interessati da provvedimenti di decadenza della responsabilità dei propri genitori. Sono considerate crisi adottive di gravità media, invece, quelle che riguardano i soggetti interessati dall’emissione di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale, con o senza un loro allontanamento dalla residenza familiare. Infine le crisi a “gravità bassa” che identificano coloro per i quali si verifica una delle seguenti situazioni: disposizione di educativa domiciliare, mandato al servizio sociale per orientamento e sostegno o ad altri servizi socio-sanitari (quali Neuropsichiatria infantile, Sert e Unità operativa di psicologia), emanazione di prescrizioni a uno solo o entrambe i genitori e indicazioni di prescrizioni e direttive nei confronti del minore.

I percorsi adottivi, quasi sempre storie di successo

Un apparato metodologico e la costruzione di strumenti d’analisi precisi e puntuali che hanno consentito in primo luogo di dare una dimensione quantitativa alle crisi adottive e di concludere che “i percorsi adottivi sono quasi sempre storie di successo – scrivono i ricercatori nell’indagine -: la conferma ci viene dall’incidenza delle crisi adottive che interessa mediamente tre adozioni internazionali ogni cento, sebbene debba essere precisato che il dato è riferibile solo a quella quota del fenomeno che transita per le aule dei tribunali, tagliando di fatto fuori quelle crisi latenti o manifeste gestite dai servizi sociosanitari territoriali”. Ancora più bassa l’incidenza delle crisi adottive per le adozioni nazionali, che si ferma all’1,4%.

Età all’adozione, adolescenza e fratrie. I fattori di rischio

L’indagine, però, ha consentito anche di mettere in evidenza alcuni dei principali fattori di rischio che, potenzialmente, possono condurre a una crisi adottiva. Intanto l’età media all’adozione: in media le bambine e i bambini stranieri il cui rapporto adottivo va in crisi sono stati adottati all’età 7,9 anni, due anni in più rispetto al contingente di tutti i bambini in adozione internazionale. “Il maggior rischio è da riconnettere potenzialmente al vissuto problematico dei bambini e dei ragazzi che – scrivono i ricercatori – nel caso delle crisi adottive risulta con buona certezza mediamente più lungo e alle difficoltà dei genitori adottivi di farsene pienamente carico”.

Il periodo maggiormente a rischio di esplosione della crisi è l’adolescenza: dai dati dell’indagine, infatti, emerge chiaramente come l’età media del minore al primo procedimento della crisi adottiva internazionale è di 14,1 anni.

Infine le fratrie: oltre la metà di quanti si trovano ad affrontare una crisi adottiva risulta adottato insieme a più minorenni, quasi sempre fratelli e sorelle biologici. “La presenza di fratrie come dato acceleratore di una crisi è molto discusso in letteratura e pone in evidenza – spiegano i ricercatori nelle conclusioni dell’indagine - la necessità per i servizi di tenere conto dei rapporti all’interno della fratria, biologica o acquisita che sia, con una presa in carico integrale del nucleo familiare, al di là della diade critica genitore-figlio”.

Ultimo aggiornamento: 27/01/2023 - 12:01