Il tavolo dei relatori del seminario di Napoli

Il tavolo dei relatori del seminario di Napoli

“Per uno sviluppo sano nei primi mille giorni i bambini hanno bisogno di un ambiente sicuro, protettivo e amorevole e di alimentazione e stimoli adeguati da parte dei genitori o dei caregivers”. E’ partita da qui Maria Enrica Bettinelli, pediatra e neonatologa, ex direttrice dell’Unità operativa complessa per il Coordinamento delle attività consultoriali dell’Ospedale “Fatebenefratelli” di Milano. Dalla definizione di “Nurturing Care Framework” contenuta nel documento elaborato nel 2018 da Oms, Unicef, Banca Mondiale e Partenership per la Salute (una coalizione che raggruppa centinaia di enti di ricerca, Fondazioni, Ong e società professionali di tutto il pianeta) che, presentato nel 2018, ha modificato in modo radicale il modo di concepire lo sviluppo precoce del bambino focalizzandosi sui danni provocati dalla mancanza di opportunità di sviluppare appieno il potenziale di sviluppo nei primi anni e soprattutto i vantaggi degli interventi precoci, e quindi la necessità di investire maggiormente in salute, nutrizione, educazione precoce, protezione sociale in questo periodo cruciale della vita.

 

“I diritti dei soggetti in crescita e la cura del loro benessere”, il seminario di Napoli

 

Ha aperto lei la prima sessione del seminario “I diritti dei soggetti in crescita e la cura del loro benessere”,  che si è svolto Napoli il 16 febbraio scorso, terzo appuntamento dei seminari di disseminazione dedicati al Manuale di programmazione e progettazione dei servizi per le nuove generazioni, il volume  realizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche Sociali con l’Istituto degli Innocenti e rivolto a coloro che con ruoli diversi elaborano, commissionano, gestiscono, attuano, valutano e verificano la programmazione e i progetti per l’infanzia e l’adolescenza. La dottoressa Bettinelli ha preso la parola dopo i saluti dell’assessore al welfare del Comune di Napoli Luca Trapanese, della responsabile del servizio ricerca e monitoraggio dell’Istituto degli Innocenti Donata Bianchi (co-curatrice del manuale) e del direttore e della vicedirettrice del Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Napoli, rispettivamente, Vittorio Amato e Paola De Vivo e l’intervento di Renato Sampogna, dirigente della Divisione IV (che si occupa di Politiche per l’infanzia e l’adolescenza) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

I consultori familiari, nodo centrale “fragile” della rete dei servizi

 

L’approccio basato sul “nurturing care framework” illumina di significato anche il “percorso nascita”, il modello organizzativo e assistenziale che garantisce cure, accompagnamento e sostegno alla donna, alla coppia e al neonato durante la gravidanza, il travaglio, il parto e il puerperio nel contesto del suo ambiente di vita attraverso prestazioni appropriate e uniformi. “L’offerta assistenziale durante il percorso nascita non è di competenza prevalentemente sanitaria, ma anche socio-sanitaria ed educativa – ha spiegato Bettinelli- e deve essere guidata dai bisogni emergenti della persona e della famiglia e dei loro diritti”. In tal senso è cruciale “la conoscenza dell’offerta assistenziale che è fortemente condizionata dai determinanti sociali, in primo luogo il livello di alfabetizzazione socio-sanitaria del nucleo familiare”. Da qui la centralità, nella rete dei servizi, dei consultori familiari: “Il problema – ha concluso Bettinelli -è che non sono distribuiti sul territorio in modo omogeneo a causa delle scelte normative regionali e delle singole aziende sanitarie che hanno definito funzioni e mandati in modo diverso e spesso non sono dotati di personale adeguato alle necessità del territorio”.

 

 

La promozione della “genitorialità responsiva”

 

Dalla “genitorialità responsiva come capacità di cogliere i bisogni e i segnali del bambino  e rispondere dimostrando interesse e affetto” ma anche “di dare supporto senza essere intrusivi e promuovere la regolazione emotiva e dei comportamenti attraverso l’esempio e le spiegazione” ha detto il dottor Giorgio Tamburini, pediatra e presidente del Centro per la Salute del Bambino di Trieste. Mettendo al centro della riflessione anche lo sviluppo del linguaggio perché “le disuguaglianze al riguardo si stabiliscono precocemente e contribuiscono a perduranti disuguaglianze sociali”. I dati illustrati sono emblematici: i figli di madri altamente responsive conoscono già almeno un centinaio di parole dopo 19 mesi di vita, quelli con madri un po’ meno reattive sotto questo profilo, invece, non arrivano a 50 dopo 21 mesi. Disparità che sono anche la conseguenza di “fratture sociali”: uno studio statunitense dello psicologo Todd Risley e della facilitatrice Betty Hart mostra, infatti, come, al terzo anno di età, i figli con genitori laureati conoscono oltre 1.200 parole, più del doppio di quelle apprese dai bambini cresciuti in famiglie appartenenti alle classi lavoratrici e oltre cinque volte quelle dei piccoli delle famiglie a basso reddito. “Ecco perché – ha sottolineato Tamburini è necessario promuovere con forza pratiche genitoriali attive e responsive, dedicando una particolare attenzione a quelle situazioni che richiederebbero più sostengo e che, invece, ne ricevono meno: comunità e famiglie in condizione di povertà sociale ed educativa, bambini con problemi di sviluppo e disabilità specifiche e loro famiglie e bambini e famiglie migranti”.

 

I campanelli d’allarme dell’età adolescenziale

 

Per quanto riguarda l’età adolescenziale, il campanello d’allarme lo ha fatto suonare il dottor Franco Mazzini, pediatra responsabile dell’ambulatorio di medicina dell’adolescente promosso dalla Regione Emilia-Romagna. Negli ultimi cinquant’anni, considerando i tassi di mortalità, la salute degli adolescenti è migliorata molto meno rispetto a quelli dei bambini sotto i cinque anni di vita. E dal 2018 al 2022, il quadriennio attraversato dall’emergenza sanitaria, le loro condizioni di benessere sono addirittura peggiorate, almeno secondo l’indagine Hbsc (Health behaviour in school aged children) che prende in considerazione otto sintomi: mal di testa, mal di schiena, mal di stomaco, mal di gola, sentirsi giù di morale, irritabilità, nervosismo e difficoltà ad addormentarsi. Nel 2018, infatti, il 43% dei maschi e il 62% delle femmine avevano detto di averne avuti almeno due una volta a settimana, percentuali che, quattro anni dopo, sono salite, rispettivamente, al 48 e al 74%.

 

Richieste narcisistiche e disregolazione emotiva. Le criticità degli adolescenti di oggi.

 

Per la generazione Alpha, quella dei nati dopo il 2010, “il tempo è subito e il sapere è nel web: sono decisori negli acquisti e soprattutto sono costantemente onlife, ossia collegati a dispositivi e ambienti digitali e interattivi che filtrano buona parte delle loro esperienze, anche emotive - ha raccontato il dottor Mazzini -: per loro l’immagine viene prima delle parole”. Ne consegue la centralità dei media digitali anche nei percorsi educativi perché, “nei preadolescenti, soprattutto, è dimostrata una correlazione statisticamente significativa tra l’alto numero di ore trascorse sui social, la bassa soddisfazione di sé e i disturbi dell’umore”. Negli adolescenti “over 16”, però, il fenomeno è opposto: “Quelli che trascorrono meno tempo sui social, infatti, esprimono una maggiore insoddisfazione personale”. Sono due al riguardo i nodi critici: da una parte le richieste narcisistiche, “dato che gli adolescenti di oggi vivono una quotidianità caratterizzata dalla ricerca di conferme in cui lo sguardo di approvazione da parte degli altri appare decisivo ed è condizione per avere valore”. E dall’altra la disregolazione emotiva, ossia le difficoltà collegate all’insieme dei processi automatici o volontari che riguardano le proprie esperienze emotive. “I disturbi della regolarizzazione regolazione emotivo-affettiva – ha avvertito Mazzini- possono essere internalizzati e condurre a depressione, ansia e ritiro sociale, di cui l’espressione massima è il fenomeno dell’hikikomori, ma anche esternalizzati, attraverso gesti di autolesionismo, disturbi del comportamento alimentare, uso di sostanze stupefacenti e abuso di alcolici”.

 

La proposta: l’assistente sociale come operatore “di prossimità” presente negli ambienti di vita degli adolescenti.

Proprio al lavoro dei servizi con gli adolescenti è stata dedicata la seconda sessione del seminario, coordinata da Barbara Trupiano, dirigente del servizio politiche per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Napoli. “L’impegno del servizio sociale con gli adolescenti si colloca oggi al crocevia di tensioni e richieste di cambiamento contrapposte – ha spiegato Federica Alteri, assistente sociale del Consorzio Ovest Solidale (Piemonte) -: ci sono quelle che arrivano dall’alto, dalle linee d’indirizzo europee e nazionali. E altre che arrivano dal basso: dalla violenza giovanile alle “nuove” tecnologie, fino alle nuove generazioni e la multiculturalità e i fenomeni di ritiro sociale, esplosi negli ultimi anni”. In uno scenario come questo “occorre ristabilire patti di fiducia tra istituzioni e individui ed essere un servizio sociale che cambia insieme alla società e a partire dall’ascolto delle istanze sociali – ha proseguito Alteri-: ad esempio occorre avvicinarsi ed essere presenti nei mondi di vita, per questo sarebbe auspicabile che l’assistente sociale potesse essere un operatore “di prossimità”, presente negli ambienti di vita dei ragazzi. Al riguardo, un’idea innovativa da provare a sperimentare potrebbe essere quella dello Sportello sociale presente a scuola, il modello dello sportello psicologico, andando ad arricchire l’offerta di ascolto con la specifica professionalità”.

 

 

Trent’anni di educazione di strada. L’esperienza della cooperativa Cepiss di Firenze

 

Proprio nella direzione di una maggiore presenza negli ambienti di vita delle ragazze e dei ragazzi si muove l’esperienza ormai più che trentennale di educazione di strada della cooperativa Cepiss di Firenze, raccontata dalla presidente Costanza Ulivi. Nata nel ’92 nel quartiere 4 del capoluogo toscano, grazie a un finanziamento del “Fondo nazionale per la lotta alla droga”, dal 2022 si è esteso a tutta la città grazie al progetto “Ecosistema Giovani” che si pone l’obiettivo di prevenire il disagio giovanile e sostenere processi di empowerment in cui l’azione nella strada è parte di un processo di sviluppo complessivo della comunità locale che mette al centro le risorse dei diversi attori sociali che agiscono nei territori.

“Per uno sviluppo sano nei primi mille giorni i bambini hanno bisogno di un ambiente sicuro, protettivo e amorevole e di alimentazione e stimoli adeguati da parte dei genitori o dei caregivers”. E’ partita da qui Maria Enrica Bettinelli, pediatra e neonatologa, ex direttrice dell’Unità operativa complessa per il Coordinamento delle attività consultoriali dell’Ospedale “Fatebenefratelli” di Milano. Dalla definizione di “Nurturing Care Framework” contenuta nel documento elaborato nel 2018 da Oms, Unicef, Banca Mondiale e Partenership per la Salute (una coalizione che raggruppa centinaia di enti di ricerca, Fondazioni, Ong e società professionali di tutto il pianeta) che, presentato nel 2018, ha modificato in modo radicale il modo di concepire lo sviluppo precoce del bambino focalizzandosi sui danni provocati dalla mancanza di opportunità di sviluppare appieno il potenziale di sviluppo nei primi anni e soprattutto i vantaggi degli interventi precoci, e quindi la necessità di investire maggiormente in salute, nutrizione, educazione precoce, protezione sociale in questo periodo cruciale della vita.

“I diritti dei soggetti in crescita e la cura del loro benessere”, il seminario di Napoli

Ha aperto lei la prima sessione del seminario “I diritti dei soggetti in crescita e la cura del loro benessere”,  che si è svolto Napoli il 16 febbraio scorso, terzo appuntamento dei seminari di disseminazione dedicati al Manuale di programmazione e progettazione dei servizi per le nuove generazioni, il volume  realizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche Sociali con l’Istituto degli Innocenti e rivolto a coloro che con ruoli diversi elaborano, commissionano, gestiscono, attuano, valutano e verificano la programmazione e i progetti per l’infanzia e l’adolescenza. La dottoressa Bettinelli ha preso la parola dopo i saluti dell’assessore al welfare del Comune di Napoli Luca Trapanese, della responsabile del servizio ricerca e monitoraggio dell’Istituto degli Innocenti Donata Bianchi (co-curatrice del manuale) e del direttore e della vicedirettrice del Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Napoli, rispettivamente, Vittorio Amato e Paola De Vivo e l’intervento di Renato Sampogna, dirigente della Divisione IV (che si occupa di Politiche per l’infanzia e l’adolescenza) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

I consultori familiari, nodo centrale “fragile” della rete dei servizi

L’approccio basato sul “nurturing care framework” illumina di significato anche il “percorso nascita”, il modello organizzativo e assistenziale che garantisce cure, accompagnamento e sostegno alla donna, alla coppia e al neonato durante la gravidanza, il travaglio, il parto e il puerperio nel contesto del suo ambiente di vita attraverso prestazioni appropriate e uniformi. “L’offerta assistenziale durante il percorso nascita non è di competenza prevalentemente sanitaria, ma anche socio-sanitaria ed educativa – ha spiegato Bettinelli- e deve essere guidata dai bisogni emergenti della persona e della famiglia e dei loro diritti”. In tal senso è cruciale “la conoscenza dell’offerta assistenziale che è fortemente condizionata dai determinanti sociali, in primo luogo il livello di alfabetizzazione socio-sanitaria del nucleo familiare”. Da qui la centralità, nella rete dei servizi, dei consultori familiari: “Il problema – ha concluso Bettinelli -è che non sono distribuiti sul territorio in modo omogeneo a causa delle scelte normative regionali e delle singole aziende sanitarie che hanno definito funzioni e mandati in modo diverso e spesso non sono dotati di personale adeguato alle necessità del territorio”.

La promozione della “genitorialità responsiva”

Dalla “genitorialità responsiva come capacità di cogliere i bisogni e i segnali del bambino  e rispondere dimostrando interesse e affetto” ma anche “di dare supporto senza essere intrusivi e promuovere la regolazione emotiva e dei comportamenti attraverso l’esempio e le spiegazione” ha detto il dottor Giorgio Tamburini, pediatra e presidente del Centro per la Salute del Bambino di Trieste. Mettendo al centro della riflessione anche lo sviluppo del linguaggio perché “le disuguaglianze al riguardo si stabiliscono precocemente e contribuiscono a perduranti disuguaglianze sociali”. I dati illustrati sono emblematici: i figli di madri altamente responsive conoscono già almeno un centinaio di parole dopo 19 mesi di vita, quelli con madri un po’ meno reattive sotto questo profilo, invece, non arrivano a 50 dopo 21 mesi. Disparità che sono anche la conseguenza di “fratture sociali”: uno studio statunitense dello psicologo Todd Risley e della facilitatrice Betty Hart mostra, infatti, come, al terzo anno di età, i figli con genitori laureati conoscono oltre 1.200 parole, più del doppio di quelle apprese dai bambini cresciuti in famiglie appartenenti alle classi lavoratrici e oltre cinque volte quelle dei piccoli delle famiglie a basso reddito. “Ecco perché – ha sottolineato Tamburini è necessario promuovere con forza pratiche genitoriali attive e responsive, dedicando una particolare attenzione a quelle situazioni che richiederebbero più sostengo e che, invece, ne ricevono meno: comunità e famiglie in condizione di povertà sociale ed educativa, bambini con problemi di sviluppo e disabilità specifiche e loro famiglie e bambini e famiglie migranti”.

I campanelli d’allarme dell’età adolescenziale

Per quanto riguarda l’età adolescenziale, il campanello d’allarme lo ha fatto suonare il dottor Franco Mazzini, pediatra responsabile dell’ambulatorio di medicina dell’adolescente promosso dalla Regione Emilia-Romagna. Negli ultimi cinquant’anni, considerando i tassi di mortalità, la salute degli adolescenti è migliorata molto meno rispetto a quelli dei bambini sotto i cinque anni di vita. E dal 2018 al 2022, il quadriennio attraversato dall’emergenza sanitaria, le loro condizioni di benessere sono addirittura peggiorate, almeno secondo l’indagine Hbsc (Health behaviour in school aged children) che prende in considerazione otto sintomi: mal di testa, mal di schiena, mal di stomaco, mal di gola, sentirsi giù di morale, irritabilità, nervosismo e difficoltà ad addormentarsi. Nel 2018, infatti, il 43% dei maschi e il 62% delle femmine avevano detto di averne avuti almeno due una volta a settimana, percentuali che, quattro anni dopo, sono salite, rispettivamente, al 48 e al 74%.

Richieste narcisistiche e disregolazione emotiva. Le criticità degli adolescenti di oggi.

Per la generazione Alpha, quella dei nati dopo il 2010, “il tempo è subito e il sapere è nel web: sono decisori negli acquisti e soprattutto sono costantemente onlife, ossia collegati a dispositivi e ambienti digitali e interattivi che filtrano buona parte delle loro esperienze, anche emotive - ha raccontato il dottor Mazzini -: per loro l’immagine viene prima delle parole”. Ne consegue la centralità dei media digitali anche nei percorsi educativi perché, “nei preadolescenti, soprattutto, è dimostrata una correlazione statisticamente significativa tra l’alto numero di ore trascorse sui social, la bassa soddisfazione di sé e i disturbi dell’umore”. Negli adolescenti “over 16”, però, il fenomeno è opposto: “Quelli che trascorrono meno tempo sui social, infatti, esprimono una maggiore insoddisfazione personale”. Sono due al riguardo i nodi critici: da una parte le richieste narcisistiche, “dato che gli adolescenti di oggi vivono una quotidianità caratterizzata dalla ricerca di conferme in cui lo sguardo di approvazione da parte degli altri appare decisivo ed è condizione per avere valore”. E dall’altra la disregolazione emotiva, ossia le difficoltà collegate all’insieme dei processi automatici o volontari che riguardano le proprie esperienze emotive. “I disturbi della regolarizzazione regolazione emotivo-affettiva – ha avvertito Mazzini- possono essere internalizzati e condurre a depressione, ansia e ritiro sociale, di cui l’espressione massima è il fenomeno dell’hikikomori, ma anche esternalizzati, attraverso gesti di autolesionismo, disturbi del comportamento alimentare, uso di sostanze stupefacenti e abuso di alcolici”.

La proposta: l’assistente sociale come operatore “di prossimità” presente negli ambienti di vita degli adolescenti.

Proprio al lavoro dei servizi con gli adolescenti è stata dedicata la seconda sessione del seminario, coordinata da Barbara Trupiano, dirigente del servizio politiche per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Napoli. “L’impegno del servizio sociale con gli adolescenti si colloca oggi al crocevia di tensioni e richieste di cambiamento contrapposte – ha spiegato Federica Alteri, assistente sociale del Consorzio Ovest Solidale (Piemonte) -: ci sono quelle che arrivano dall’alto, dalle linee d’indirizzo europee e nazionali. E altre che arrivano dal basso: dalla violenza giovanile alle “nuove” tecnologie, fino alle nuove generazioni e la multiculturalità e i fenomeni di ritiro sociale, esplosi negli ultimi anni”. In uno scenario come questo “occorre ristabilire patti di fiducia tra istituzioni e individui ed essere un servizio sociale che cambia insieme alla società e a partire dall’ascolto delle istanze sociali – ha proseguito Alteri-: ad esempio occorre avvicinarsi ed essere presenti nei mondi di vita, per questo sarebbe auspicabile che l’assistente sociale potesse essere un operatore “di prossimità”, presente negli ambienti di vita dei ragazzi. Al riguardo, un’idea innovativa da provare a sperimentare potrebbe essere quella dello Sportello sociale presente a scuola, il modello dello sportello psicologico, andando ad arricchire l’offerta di ascolto con la specifica professionalità”.

Trent’anni di educazione di strada. L’esperienza della cooperativa Cepiss di Firenze

Proprio nella direzione di una maggiore presenza negli ambienti di vita delle ragazze e dei ragazzi si muove l’esperienza ormai più che trentennale di educazione di strada della cooperativa Cepiss di Firenze, raccontata dalla presidente Costanza Ulivi. Nata nel ’92 nel quartiere 4 del capoluogo toscano, grazie a un finanziamento del “Fondo nazionale per la lotta alla droga”, dal 2022 si è esteso a tutta la città grazie al progetto “Ecosistema Giovani” che si pone l’obiettivo di prevenire il disagio giovanile e sostenere processi di empowerment in cui l’azione nella strada è parte di un processo di sviluppo complessivo della comunità locale che mette al centro le risorse dei diversi attori sociali che agiscono nei territori.

Ultimo aggiornamento: 16/03/2023 - 11:55